Ricorso del Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso ex lege dall'Avvocatura generale dello Stato, presso i cui uffici domicilia in Roma, via dei Portoghesi n. 12; Contro la Regione Sardegna, in persona del Presidente della Giunta Regionale pro tempore, per la declaratoria di incostituzionalita' in parte qua, degli artt. 3 e 7 della legge regionale 19 gennaio 2011, n. 1, pubblicata nel B.U.R. n. 3 del 29 gennaio 2011, avente ad oggetto «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale della Regione (legge finanziaria 2011)», giusta delibera del Consiglio dei Ministri in data 10 marzo 2011. La legge della Regione Sardegna 19 gennaio 2011 n. 1 detta le disposizioni finanziarie per la redazione dei bilanci della Regione ma contiene talune disposizioni che violano principi costituzionali ed eccedono dalle competenze regionali ed invadono quelle statali nelle materie oggetto degli articoli 3 e 7 come andiamo ad argomentare in dettaglio. 1. Art. 3. 1.1 La norma reca «Misure a favore dei comuni montani» ed al fine di ridurre diseconomie nella loro gestione prevede, in presenza di determinate caratteristiche del territorio montano, la concessione di un contributo, nella forma del credito d'imposta, in favore delle imprese aventi sede legale e unita' operativa ubicata nei comuni montani della Sardegna individuati dalla Regione ai sensi della l. reg. n. 12/2005. Il contributo e' pari al 20% delle imposte sui rediti ed IRAP effettivamente pagate nel corso dell'anno 2011 a titolo di acconto, saldo o versamento periodico, fino ad un importo massimo di € 10.000,00 per ciascun beneficiario. Il medesimo articolo prevede che la Giunta regionale determini, con propria deliberazione, le condizioni, i limiti e le modalita' di applicazione del beneficio. 1.2 La disposizione viola, in primo luogo, l'art. 117, comma 1, Cost. in riferimento ai principi comunitari quali espressi, in particolare, dall'art. 56 TFUE (gia' art. 49 TCE) e seguenti disposizioni del Titolo III, Capo 3, e dagli art. 63-64 TFUE (gia' artt. 56-57 TCE) sulla libera circolazione dei servizi e dei capitali. La concessione di crediti di imposta costituisce pratica discorsiva del mercato, qualora non preventivamente autorizzata dalla Commissione europea, secondo la costante giurisprudenza della Corte di Giustizia UE (v. ex plurimis sent. 10 marzo 2005, C39/04; sent. 6 marzo 2007, C- 292/04; sent. 7 settembre 2004, C-319/02); pertanto, la Regione Sardegna non poteva concedere quegli aiuti senza conseguire la preventiva autorizzazione della Commissione, con conseguente violazione dell'art. 117, comma 1, Cost. da parte della norma oggetto di censura. A conferma, si richiama la sentenza della Corte costituzionale 26 marzo 2010 n. 123. 1.3 La disposizione viola, poi, l'art. 117, secondo comma, lett. e), Cost., in combinato disposto con il terzo e quarto comma dello stesso art. 117 e con l'art. 119 Cost. perche' interviene con una norma generale di carattere tributario senza averne i poteri ed in relazione a tributi statali. In particolare, le Regioni non possono legiferare in materia tributaria «in carenza della fondamentale legislazione di coordinamento dettata dal Parlamento nazionale» (Corte cost. nn. 123/2010, 102/2008, 37/2004) ne', tanto meno, possono «istituire e disciplinare tributi propri aventi gli stessi presupposti dei tributi dello Stato» ne' «legiferare su tributi esistenti istituiti e regolati da leggi statali» (Corte cost. n. 123/2010, ecc.). Questi principi valgono, ovviamente, sia per le imposte sui redditi che per l'IRAP (i due tributi sui quali opererebbe il credito d'imposta), atteso che ambedue sono tributi di competenza statale e, quanto alla seconda, di spettanza regionale «derivata» e non diretta (cfr. Corte cost. nn. 357/2010; 216/2009), cioe' con attribuzione agli enti territoriali della sola facolta' di variazione delle aliquote (art. 16 d.lgs. n. 446/1997). In conclusione, una legge regionale non puo' prevedere agevolazioni, sotto forma di crediti d'imposta, aventi ad oggetto il pagamento di tributi statali (Ire e Ires) e regionali derivati (Irap) perche' viola la competenza legislativa statale in materia tributaria di cui all'art. 117, comma 2, lett. e), Cost. 1.4 L'intervento normativo censurato si pone, altresi', in contrasto con gli artt. 3 e 10 dello Statuto della Regione autonoma (1. cost. 26 febbraio 1948 n. 3), atteso che la facolta' esercitata non rientra nelle materie di competenza legislativa regionale (art. 3) come regolate, per il settore tributario, dall'art. 10 il quale dispone che: «La Regione, al fine di favorire lo sviluppo economico dell' Isola, puo' disporre, nei limiti della propria competenza tributaria, esenzioni e agevolazioni fiscali per nuove imprese.». L'intervento che si censura esula, con tutta evidenza, da questi limiti, quanto meno perche' la misura agevolativa non e' disposta al fine di incentivare nuove imprese o nuove iniziative produttive, oltre ad essere illegittima anche per gli altri vizi che abbiamo sopra indicato. 1.5 Infine, nella parte in cui demanda alla Giunta la determinazione della disciplina di dettaglio per l'applicazione del beneficio fiscale, senza la previsione dei criteri e presupposti per l'esercizio di tale facolta' delegata, la norma censurata si pone in contrasto anche con il principio dell'art. 23 Cost., atteso che impone una prestazione patrimoniale in forza di un atto non avente natura legislativa. A conforto, si veda Corte cost., 28 dicembre 2001, n. 435: «E' incostituzionale l'art. 7, 2° comma, l.reg. Puglia 20 luglio 1984 n. 36, nella parte in cui prevede che la giunta regionale, con riguardo ai pareri igienico-sanitari resi dai servizi delle usl (oggi aziende sanitarie) in favore di terzi richiedenti nei casi previsti dalla legge, fissa le tariffe a carico dei terzi medesimi.». 2. Art. 7. L'art. 7 della l. reg. n. 1/2011 modifica l'art. 3 della l. reg. n. 3/2009 introducendo alcune disposizioni per il superamento del precariato che si pongono in contrasto con i precetti costituzionali. 2.1 Il comma 1-bis prevede l'autorizzazione all'Amministrazione regionale a finanziare programmi pluriennali di stabilizzazione dei lavoratori precari delle amministrazioni locali, di durata triennale, previo superamento di specifica selezione concorsuale funzionale alla verifica dell'idoneita' all'espletamento delle mansioni di servizio della qualifica di inquadramento. Il comma 1-ter stabilisce che le Amministrazioni comunali, singole o associate, possono realizzare programmi di stabilizzazione dei lavoratori precari, attribuendo priorita' ai lavoratori provenienti dai cantieri a finanziamento regionale e a quelli gia' assunti con contratti a termine, di natura flessibile, atipica o con collaborazioni coordinate e continuative in ambito di analoghe attivita' a finanziamento pubblico regionale; i programmi di stabilizzazione possono essere attuati dagli enti locali interessati con preferenza per il personale precario che abbia maturato almeno trenta mesi di servizio nelle pubbliche amministrazioni locali a far data dal 1° gennaio 2002. Il comma 1-quater dispone che al personale di cui al comma 1-ter viene attribuito, in via prevalente, l'esercizio di compiti relativi a materie delegate o trasferite dalla regione al sistema delle autonomie locali ai fini delle necessarie deroghe ai limiti posti in materia di spesa e organici degli enti locali. Il comma 1-quinquies stabilisce il piano di spesa per la stabilizzazione di cui ai precedenti commi, con il concorso da parte degli enti locali. I detti commi si pongono in contrasto: con l'art. 17, commi 10 e 12, del d.l. n. 78/2009, convertito con modificazioni dalla legge n. 102/2009, il quale non consente una generica stabilizzazione del personale ma dispone che, nel triennio 2010-2012, le amministrazioni pubbliche, nel rispetto della programmazione triennale del fabbisogno nonche' dei vincoli finanziari previsti dalla normativa vigente in materia di assunzioni e di contenimento della spesa di personale, possono bandire concorsi per le assunzioni a tempo indeterminato con una riserva di posti, non superiore al 40 per cento dei posti messi a concorso; con l'art. 14, comma 9, del d.l. n. 78/2010, convertito con modificazioni dalla legge n. 122/2010, che fissa a decorrere dal gennaio 2011 il limite percentuale di assunzioni, rispetto alle cessazioni di personale verificatesi nel 2010. 2.2 Legiferando al di fuori dei limiti posti dalle leggi statali nella materia e dettando disposizioni di spesa, la Regione ha violato, in primo luogo, l'art. 117, comma 3, Cost. Infatti, la disciplina nuova impinge nel campo del coordinamento di finanza pubblica che l'art. 117, terzo comma, della Costituzione ricomprende fra le materie di legislazione concorrente, violandone i principi di attuazione in quanto non prevede alcuna intesa con lo Stato ed introduce una disciplina che, prevedendo un piano di stabilizzazione del personale precario, incide sul sistema generale della finanza pubblica. A tale ultimo proposito, si veda quanto statuito da Corte cost., 29 aprile 2010, n. 149: «E' incostituzionale l'art. 1 l. reg. Calabria 31 dicembre 2008 n. 46, nella parte in cui, in violazione delle competenze legislative statali in materia di coordinamento della finanza pubblica, dispone lo stabile inquadramento dei medici incaricati nei ruoli della regione». 2.3 Inoltre, il complesso di disposizioni in esame viola l'art. 117, comma 2, lett. l), Cost. che riserva allo Stato la competenza esclusiva in materia di ordinamento civile. Per vero, nella misura in cui detta norme al di fuori di quelle statali di riferimento (nella specie, i citati decreti-legge n. 78/2009, art. 17, commi 10 e 12, e n. 78/2010, art. 14, comma 9), la Regione invade la sfera di competenza esclusiva statale in materia di ordinamento civile al quale appartiene anche la disciplina del personale precario che, in quanto tale e prima della stabilizzazione, non puo' ritenersi rientrare nella competenza regionale fissata dall'art. 3, comma 1, lett. a), dello Statuto di autonomia perche' non riguarda propriamente la organizzazione degli uffici ne' la determinazione dello stato giuridico ed economico del personale ma la stabilizzazione di personale precario non appartenente ai ruoli degli impiegati regionali. 2.4 Le disposizioni in esame violano anche l'art. 97 Cost. in quanto dispongono l'assunzione in ruolo di personale senza la preventiva selezione concorsuale. Sul punto, la giurisprudenza costituzionale e' vasta e granitica; a conforto della censura bastera' richiamare la sentenza 7 luglio 2010 n. 235 con la quale la Corte costituzionale ha dichiarato illegittime identiche norme della legge regionale sarda 7 agosto 2009 n. 3 in quanto disponevano «in modo indiscriminato lo stabile inserimento di lavoratori nei ruoli delle pubbliche amministrazioni sarde, senza condizionare tali assunzioni al previo superamento di alcun tipo di prova selettiva pubblica da parte degli interessati. Pertanto, esse si pongono in aperto contrasto con l'art. 97 Cost., che impone il concorso quale modalita' di reclutamento del personale delle pubbliche amministrazioni», con la precisazione che «l'aver prestato attivita' a tempo determinato alle dipendenze dell'amministrazione regionale non puo' essere considerato ex se, ed in mancanza di altre particolari e straordinarie ragioni, un valido presupposto per una riserva di posti». 2.5 Il comma 2 dell'art. 7 stabilisce a favore dei dipendenti regionali in possesso dei requisiti previsti dall'art. 36 l. reg. n. 2/2007, integrato dall'art. 3, comma 5, l. reg. n. 3/2009, una riserva di posti pari al 40% dei posti vacanti nella dotazione organica inseriti nel piano di reclutamento 2010-2012, relativamente ai posti messi a concorso ed agli altri che si rendano disponibili sino al 31 dicembre 2013 per effetto delle cessazioni dal servizio. La norma contrasta, in primo luogo, con l'art. 14, comma 9, d.l. n. 78/2010, conv. con modificazioni dalla legge n. 122/2010, che fissa, a decorrere dal gennaio 2011, il limite percentuale di assunzioni consentito rispetto alle cessazioni dal servizio di personale verificatesi nell'anno 2010. Il legislatore regionale, quindi, eccede dalla propria competenza statutaria di cui all'art. 3 dello Statuto di autonomia, atteso che la facolta' esercitata non rientra nelle materie di competenza legislativa regionale, e viola sia l'art. 117, comma 3, in relazione al principio del coordinamento della finanza pubblica cui la regione non puo' derogare, sia l'art. 97 Cost., in relazione al principio dell'accesso al pubblico impiego mediante concorso pubblico. Sul punto si richiamano le eccezioni ed argomentazioni sopra sviluppate per i commi 1-bis, ter, quater e quinquies nei paragrafi 2.1-2.2-2.3-2.4, da intendersi riferite integralmente anche al comma 2 in esame. 2.6 Il comma 3 dell'art. 7 dispone che i dipendenti laureati dell'amministrazione, inquadrati nell'area C-terzo livello retributivo e assunti con concorsi pubblici e i dipendenti regionali di categoria C, assunti con concorso pubblico, che hanno superato le selezioni interne svolte entro il 31 dicembre 2006 per il passaggio alla categoria superiore e con almeno trenta mesi di anzianita' siano inquadrati nella categoria D al primo livello retributivo a decorrere dal 1° gennaio 2011. La norma e' illegittima perche' prevede un concorso riservato in contrasto con il principio del concorso pubblico di cui all'art. 97 Cost. ed in contrasto con il principio di uguaglianza di cui all'art. 3 Cost., impedendo ad altri l'accesso all'impiego e alla qualifica. In proposito, basta richiamare la gia' citata sentenza della Corte costituzionale n. 235/2010, par. 3, e sottolineare che non ricorrono nella specie quelle particolarissime «eccezioni» che, in presenza di «peculiari e straordinarie esigenze di interesse pubblico» potrebbero giustificare una deroga a quei principi, secondo quanto piu' volte statuito dalla Corte costituzionale, da ultimo con le sentenze n. 9/2010 e n. 52/2011. Si sottolinea, ancora, che quelle peculiari e straordinarie esigenze non possono ravvisarsi, come detto nelle citate pronunzie, nelle aspettative degli aspiranti, gia' legati da un rapporto di impiego con la pubblica amministrazione. In conclusione, la norma in esame, come le precedenti in materia di personale contenute nel medesimo art. 7 e sopra censurate, eccede dalla competenza statutaria della regione come stabilita dell'art. 3 dello Statuto, anche in relazione all'art. 117, comma 3, Cost., e viola i principi costituzionali di uguaglianza, buon andamento ed imparzialita' dell'azione della Pubblica Amministrazione di cui all'art. 97 Cost. nonche' il principio di uguaglianza, in relazione al diritto di tutti i cittadini interessati di poter partecipare «ad armi pari» alla selezione, secondo l'art. 3 Cost.